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La cucina medievale

Nel Medioevo e nel Rinascimento la cultura della tavola e l'allestimento delle cucine erano fortemente limitati dal rigore economico e sociale dell'epoca, ma soprattutto dagli ammonimenti della Chiesa ad uno stile di vita morigerato. La nozione di misura, tramandata dalla cultura religiosa, vedeva la privazione del cibo quale segno di santità, contrapposta all'abbondanza come segno di potere.

Nel Medioevo i piatti venivano utilizzati solo per le grandi occasioni: per servirsi il cibo dal vassoio al piatto comune di portata, si usava uno spiedo di grandi dimensioni, dopodiché il mangiare veniva avvicinato alla bocca con le mani. L'uso della forchetta, infatti, venne generalizzato solo dopo il '700, fortemente osteggiato fino a quel momento dalla Chiesa, che la riteneva uno strumento infernale, e dagli uomini, per i quali l'uso era segno di debolezza.

Per pulirsi le mani, a seconda della raffinatezza dell'ambiente e dei convitati, le si poteva strofinare con noncuranza sul mantello dei numerosi cani che si aggiravano nella sala in attesa di qualche succulento avanzo, oppure si potevano lavare delicatamente con acqua di rose o ancora ripulire su tovaglie di lino. La cucina di corte raggiungeva forme volutamente scenografiche ed artistiche: fra balli, giostre e musica, la tavola imbandita era strumento di ostentazione del potere raggiunto.

Presso le classi più elevate la musica accompagnava sempre il rito della tavola: l'umanista Vittorino da Feltre impose a Ludovico II Gonzaga, gravato da obesità, una dieta severa accompagnata da accorgimenti di probabile ispirazione pitagorica, in particolare l'ascolto di musica durante i pasti per distrarre la mente dal cibo. Il tavolo più comune era formato da un asse sostenuto da cavalletti, in questo modo si poteva adattare la forma e la disposizione delle tavole allo spazio disponibile e al numero dei commensali. La sedia del signore era sempre quella più elevata, mentre gli altri convitati sedevano su degli sgabelli. Solo le case degli appartenenti ai ceti sociali più elevati erano dotate di specifici ambienti dove cucinare, generalmente due spazi per la conservazione e per la preparazione del cibo; mentre nelle case dei contadini e degli artigiani si cucinava e si viveva nello stesso ambiente.

L'elemento principe della cucina era il camino, dove venivano cotti i cibi, ma anche essiccati ed affumicati pesce e, in quantità minore, carne; il forno era, in genere, appannaggio soltanto delle botteghe dei fornai e delle case signorili. Tra I'XI e il XIII sec. i metodi di conservazione prevedevano il raffreddamento, il congela-mento, l'essiccazione, la salatura delle derrate alimentari. A tal scopo i palazzi erano dotati di un ambiente detto neviera o ghiacciaia, dove si riuscivano a conservare, per un tempo più o meno prolungato, il ghiaccio e la neve dell'inverno per mantenere i cibi freschi e di ambienti ventilati per farli essiccare dopo la salatura che veniva effettuata in grandi recipienti di pietra o di legno.

Si consumava in grande quantità pesce, soprattutto di acqua dolce, preferito alla carne per la facilità di cattura e di conservazione, ma soprattutto perché meno costoso.

La carne proveniva dalle macellerie e dagli allevamenti domestici, o in alternativa dalla caccia di specie selvatiche; la selvaggina piumata, in particolare il fagiano, aveva un ruolo privilegiato nelle abitudini alimentari del Basso Medioevo, soppiantando gli animali di taglia grossa, preferiti nei secoli precedenti. La frutta di stagione, oltre che consumata fresca, veniva conservata preparando confetture cotte nel mosto, nel miele o nello zucchero. Dall'aceto e dall'uva acerba si ricavava l'agresto, ingrediente aromatico fondamentale della cucina medievale. Per evitare che germogliassero, i cereali venivano tostati oppure macinati e ridotti in farina, che era mescolata a legumi per preparare pesanti pagnotte di pane, cotte ogni quindici giorni. Le varietà di verdure in uso erano molto limitate, sebbene diverse erbe selvatiche entravano in dispensa insieme ad altre piante dell'orto, come bietole, legumi, cavoli, ecc. I cuochi, in base alle istruzioni contenute nelle ricette, dosavano a modo loro ingredienti e spezie, senza precise indicazioni sulla quantità e sul peso. Soprattutto le spezie erano estremamente ricercate e costose, presenti pertanto solo nelle mense dei più abbienti, conferivano alle pietanze sapori ed odori poco familiari al nostro palato, magari con l'aggiunta di profumo di rose. Una delle testimonianze più interessanti degli usi alimentari in età medievale e rinascimentale è costituita dagli "erbari" dei codici miniati, tra i quali il "Tacuinum sanitatis" che contiene anche numerosi consigli terapeutici:

Frumento: indicato per guarire le ulcere.

Segale: indicato come calmante e sedativo.

Uovo: nutre, depura e ingrassa.

Miglio: per coloro che desiderano rinfrescarsi.

Bietole: il loro succo toglie la forfora.

Zucche: mitigano la sete e fanno bene ai collerici.

Cocomeri e cetrioli: abbassano la febbre.

Finocchio: giova alla vista.

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