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I Pozzi di Butto

Situati negli ambienti a piano terra o nei cortili di palazzi e case, oppure all'esterno in prossimità delle entrate, potevano essere riempiti, oltre che direttamente dalla bocca, da canali di scarico che percorrevano i muri per riversarvi le immondizie anche dai piani superiori. Scavati nel banco di calcare organogeno, localmente noto come "macco", generalmente sono di forma ovoidale o a fiasca mentre, forse per una maggiore antichità, rari sono butti di forma troncoconica e vani interamente costruiti in pietrame. il fondo è piano o presenta al centro una fossetta, forse di decantazione, che insieme al rivestimento e a fistule fittili di adduzione, riscontrati in alcune strutture, farebbero pensare a originarie conserve d'acqua.

Solo il proprietario, pagando un'ammenda di due carlini, poteva scaricare nel pozzo, purché distante almeno due piedi dai muri dell'abitazione ma non di intralcio al passaggio e pericoloso per i viandanti. A tal proposito, all'interno e fuori della cinta muraria, il comune di Corneto aveva individuato, segnalandole con pali di legno, delle discariche pubbliche, veri e propri "butti", dove riversare i detriti derivanti dalla pulizia periodica dei pozzi.

I materiali più antichi ritrovati nei pozzi di butto indagati, risalgono agli inizi del XIII sec., ma l'uso di smaltire i rifiuti all'interno di queste cavità è certamente più antico e sembra essere cessato solo nel XVII sec.

In questi immondezzai, insieme ai rifiuti organici, sono con-fluiti ceramiche, vetri, metalli, scarti vari: oggetti d'uso quotidiano, di lavoro e di ornamento personale che consentono di ricostruire non solo i rapporti commerciali ma anche gli usi, i consumi e il tenore di vita degli abitanti dì Corneto.

A partire dal Medioevo, nell'Alto Lazio e nella media valle del Tevere, si diffuse l'uso di gettare le immondizie domestiche in cavità ricavate nel tufo o nel calcare, comunemente denominate "pozzi di butto" o più genericamente "butti".

Lo sviluppo dei centri urbani aveva portato ad imporre norme igieniche più se-vere, come si evince dallo Statuto di Viterbo del 1251, da quello di Todi del 1275 e dalla Carta del Popolo di Orvieto del 1324, dove si vietava di buttare i rifiuti per le strade e lungo le ripe. Le disposizioni contenute negli Statuti di Corneto implicano un'elevata quantità di pozzi (ad oggi nel centro storico di Tarquinia ne sono stati censiti oltre 100), tanto che ne veniva vietato lo scavo di nuovi: "Puteum nullus in aliqua via communis audeat facere, ad poenam quinque ducatorum...".

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